INDICE DEL CAPITOLO COS’È   IL   DIVORZIO             -            DIFFERENZA   TRA   IL   DIVORZIO   E   LA   SEPARAZIONE          -         QUANDO   POSSO   DIVORZIARE             -         LIMITE   DI EFFICACIA   DELLA   SENTENZA   DI   DIVORZIO      -      L’ASSEGNO   DIVORZILE       -      IL   PAGAMENTO   DELL’ASSEGNO   DIVORZILE   IN      UN     UNICA      SOLUZIONE          -         L’ASSEGNO   DI   MANTENIMENTO   DEI   FIGLI   NEL   DIVORZIO          -         L’AFFIDAMENTO   DELLA   PROLE   NEL DIVORZIO        -      L’ASSEGNAZIONE   DELLA   CASA   CONIUGALE   NEL   DIVORZIO      -      IL   DIRITTO   AD   UNA   QUOTA   DEL   TRATTAMENTO   DI FINE   RAPPORTO   PERCEPITO   DALL’ALTRO   CONIUGE          -         IL      DIRITTO   ALLA      PENSIONE      DI      REVERSIBILITÀ         -         I       DIRITTI     SUCCESSORI   NEL   DIVORZIO          -      LA   MODIFICA   DELL’ASSEGNO   E   DELL’AFFIDAMENTO   DEI   FIGLI   DOPO   LA   SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO      -    TASSE E AGEVOLAZIONI FISCALI NEL DIVORZIO   __________________________________________ SE DOPO IL DIVORZIO INTERVENGONO DELLE INNOVAZIONI NEI RAPPORTI PERSONALI POSSO CHIEDERE LA MODIFICAZIONE DELLA SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO? Si,   è   possibile   chiedere   un   numero   illimitato   di   modificazioni   (art.lo   9   comma   1   L.898/70)    della   disciplina dei   rapporti   personali   contenuta   nella   sentenza,   anche   se   questa   è   ormai   passata   in   giudicato ,   purché successivamente,     intervengano     delle     innovazioni:     ad     es.     il     coniuge     con     i     quale     i     figli     erano prevalentemente   collocati,   assegnatario   della   casa   coniugale ,   cambia   casa   o   si   trasferisce   in   un   altra   città rendendo   più   difficile   o   impossibile   ai   figli   la   conservazione   della   abitudini   maturante   nell’ambiente domestico.   In   questo   caso,   l’altro   coniuge   può   chiedere   l’assegnazione   a   se   della   casa   coniugale   o   una diversa   disciplina   del   tempo   di   permanenza   dei   figli   presso   i   genitori.   Oppure   se   il   coniuge   affidatario esclusivo    della    prole    prende    a    maltrattarla    o    manifesta    problemi    psicologici,    l’altro    può    chiedere    in qualunque   tempo,   anche   dopo   il   passaggio   in   giudicato   della   sentenza   di   divorzio,   una   sua   modificazione che adegui la disciplina in essa contenuta alle insorgenze dette. Se   non   avvengono   innovazioni   nei   rapporti   personali   dopo   che   l’ultimo   provvedimento   è   passato   in giudicato, non è possibile chiedere una modifica della disciplina che li regola. È   possibile   domandare   una   modifica   della   sentenza   di   divorzio,   ricorrendone   gli   indicati   presupposti, sia   che   questa   sia   stata   emessa   all’esito   di   una   procedura   di   tipo   consensuale,   sia   che   sia   stata   emessa all’esito di una procedura di natura contenziosa.      SE DOPO IL DIVORZIO INTERVENGONO DELLE INNOVAZIONI NEI RAPPORTI PATRIMONIALI POSSO CHIEDERE LA MODIFICAZIONE DELLA SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO? Si,   è   possibile   chiedere   un   numero   illimitato   di   modificazioni   (art.lo   9   comma   1   L.898/70)    (ad   es.   aumenti   o riduzioni   dell’assegno   divorzile),   purché   intervengano,   successivamente   all’ultimo   provvedimento   che   li dispone,   anche   se   passato   in   giudicato,   delle   innovazioni   (es.   l’ex   coniuge   più   abbiente   ha   fatto   carriera   e guadagna   di   più,   ovvero   è   stato   licenziato   o   la   sua   azienda   è   entrata   in   crisi   e   guadagna   meno)   con   i seguenti limiti : 1 .    Se   nella   procedura   di   divorzio   a   domanda   congiunta    è   stata   scelta   la   soluzione   del   pagamento dell’assegno   divorzile   in   un   unica   soluzione ,   non   è   possibile   per   il   beneficiario   di   detta   prestazione avanzare   alcuna   successiva   richiesta   avente   contenuto   patrimoniale   e   pertanto   non   gli   è   possibile chiedere   un   assegno   divorzile   periodico.   In   questo   caso,   al   beneficiario   del   pagamento   dell’assegno divorzile   in   un   unica   soluzione   è   consentito   chiedere,   ricorrendone   i   presupposti   di   cui   sopra,   (oltre alla   modifica   della   disciplina   dei   rapporti   personali   come   indicato   nel   paragrafo   precedente),   la   sola modifica degli assegni per il mantenimento della prole.  2 . La   Legge   riconosce   il   diritto   ad   un   assegno   divorzile   periodico   all’ex   coniuge   meno   abbiente   perché considera   il   vincolo   di   solidarietà   tra   i   coniugi    sorto   con   il   matrimonio,   affievolito   ma   non   estinto   con il    divorzio    (c.d.    funzione    assistenziale    dell’assegno    divorzile    periodico)    e    per    tutelare    le    giuste aspettative   di   benessere    nutrite   dal   coniuge   meno   abbiente   che,   anche   per   esse,   ha   profuso   nel matrimonio   il   proprio   lavoro   casalingo   (equiparato   dall’ art   143   c.c .   al   lavoro   professionale)   spesso rinunciando per questo ad un lavoro professionale. Dette    aspettative    tutelate,    nel    significato    proprio    del    temine,    sono    quelle    che    derivano    da    una previsione   che   il   coniuge   meno   abbiente   ha   effettuato   circa   il   benessere   del   quale   avrebbe   goduto   se il   matrimonio   si   fosse   conservato.   Pertanto,   per   poter   chiedere   un   aumento   dell’assegno   divorzile   è necessario   che   il   coniuge   obbligato   (colui   che   paga   l’assegno)   abbia   fatto   una   carriera   prevedibile   sulla   quale   l’altro   coniuge   aveva   proiettato   le   proprie   aspettative   in   costanza   di   matrimonio.   Così   ad es.   se   un   coniuge   impiegato   diventa   dirigente   e   raddoppia   i   propri   redditi,   è   possibile   per   l’altro chiedere   un   adeguamento   dell’assegno   divorzile   periodico   che   riceve,   perché   tale   carriera   lavorativa era   prevedibile   e   pertanto   idonea   a   fondare   aspettative   in   capo   al   coniuge   beneficiario   (colui   che riceve   l’assegno).   Se   invece   l’ex   coniuge   che   sta   pagando   l’assegno   faceva   il   portiere   di   un   condominio e   poi   vince   al   totocalcio   una   somma   ingente,   non   è   possibile   chiedere   un   aumento   dell’assegno divorzile    per    questo    motivo,    perché    l’altro    coniuge,    durante    il    matrimonio,    non    aveva    maturato alcuna    aspettativa    di    migliorare    il    proprio    benessere    economico    sulla    base    della    previsione    del verificarsi di una simile eventualità. 3 . Nel   caso   in   cui   i   redditi   dell’obbligato   abbiano   subito   un   detrimento,   perché   questi   possa   chiedere una    riduzione    degli    assegni    che    è    tenuto    a    pagare,    il    peggioramento    delle    proprie    condizioni economiche    deve    essere    avvenuto    per    cause    non    imputabili    alla    propria    volontà .    Ad    es.    se l’obbligato   alla   corresponsione   dell’assegno   si   licenzia   volontariamente   non   può   per   questo   motivo chiedere   di   essere   sollevato   dall’obbligo   di   pagare.   Se   invece   viene   licenziato   non   per   sua   colpa   può chiedere di essere sollevato da tale obbligo o di ridurre l’entità dell’assegno che è tenuto a versare.  4 . Se   non   avvengono   innovazioni   dopo   l’ultimo   provvedimento,   non   è   possibile   chiedere   una   modifica delle   condizioni   di   divorzio   per   un   semplice   ripensamento,   perché   ad   es.   si   ritiene   di   aver   chiesto   in una procedura consensuale un assegno troppo basso o di averne offerto uno troppo alto.   È    possibile    domandare    una    modifica    della    sentenza    di    divorzio    sia    che    questa    sia    stata    emessa all’esito   di   una   procedura   di   tipo   consensuale,   sia   che   sia   stata   emessa   all’esito   di   una   procedura   di   natura contenziosa.      É    prevista    dalla    normativa    la    possibilità    di    ottenere    la    modificazione    dell’ultimo    provvedimento anche nella separazione . PERCHÉ É POSSIBILE OTTENERE LA MODIFICA DELL’ASSEGNO E DELLE ALTRE CONDIZIONI DELLA SEPARAZIONE E DEL DIVORZIO DOPO CHE LE RELATIVE PROCEDURE SONO TERMINATE ED É STATO EMESSO IL PROVVEDIMENTO FINALE La disciplina speciale del divorzio differisce sostanzialmente da quella della cause ordinarie. Nelle   cause   ordinarie ,   l’interesse   del   legislatore   è   quello   di   assicurare   la   c.d.   certezza   del   diritto, pertanto   è   previsto   che   una   sentenza   “passata   in   giudicato”    (cioè   che   ha   subito   anche   il   vaglio   della   Corte di   Appello   e   della   Corte   di   Cassazione,   oppure   non   è   stata   impugnata   entro   i   termini   stabiliti   dalla   legge), non   possa   mai   essere   modificata.   É   una   soluzione   che   deriva   dall’antico   diritto   romano.   I   giuristi   latini dicevano   che   una   sentenza   passata   in   giudicato   fa   “de   albo   nigro”,   cioè   se   una   cosa   è   bianca   ma   passa   in giudicato   una   sentenza   che   afferma   che   quella   cosa   è   nera,   quella   cosa   sarà   giuridicamente   nera   per sempre, anche se appare ed è bianca. Facciamo    un    esempio:    immaginiamo    che    un    condòmino    abbia    avuto    il    possesso    continuato    e ininterrotto   di   una   soffitta   per   20   anni   e   pertanto   ritenga   di   averla   usucapita   e   che   un   altro   condomino ritenga   di   aver   fatto   la   stessa   cosa.   Sorge   una   lite,   il   primo   vince   la   causa   e   il   secondo   non   appella,   oppure la   sentenza   di   primo   grado   viene   confermata   sia   in   Corte   di   Appello,   sia   in   Corte   di   Cassazione.   In   questo caso   la   sentenza   “passa   in   giudicato”    e   non   potrà   mai   essere   modificata,   nemmeno   se   è   frutto   di   un   errore. (Con la sola eccezione dell’ipotesi del rinvenimento di prove che la sentenza fu frutto di corruzione). Perché l’ordinamento ha previsto questa soluzione? Perché   se   così   non   fosse,   cioè   se   si   potesse   mettere   in   discussione   le   sentenze   passate   in   giudicato, nell’esempio,   il   condòmino   che   ha   vinto   la   causa   non   potrebbe   vendere   a   terzi   la   soffitta   della   quale   gli   è stata   riconosciuta   la   proprietà,   perché   il   terzo   acquirente   non   la   compererebbe   sapendo   che   potrebbe perderla   solo   che   la   sentenza   che   ha   riconosciuto   il   diritto   di   proprietà   in   capo   al   suo   dante   causa   (chi   gli vende la soffitta) potesse essere messa di nuovo in discussione. Se   le   sentenze   delle   cause   ordinarie   non   fossero   destinate   a   passare   in   giudicato   e   a   fare   “de   albo nigro”,    ad   es.   ogni   diritto   di   proprietà   riconosciuto   da   una   sentenza   sarebbe   solo   virtuale   e   a   rischio,   non   ci sarebbe   certezza   del   diritto   e   questo   renderebbe   impossibili   gli   scambi   commerciali   e   la   stessa   creazione   di ricchezza nel paese. Nessuno comprerebbe un diritto di proprietà accertato da un sentenza. Per   evitare   questo   problema   l’ordinamento   prevede   che,   come   detto,   nelle   cause   ordinarie    le   sentenze passate   in   giudicato    non   possono   più   essere   messe   in   discussione   da   alcuno,   nemmeno   se   sono   frutto   di un   errore.   Se   sono   sbagliate,   prima   del   passaggio   in   giudicato    possono   essere   riesaminate   dalla   Corte   di Appello   ma   solo   se   impugnate   entro   stretti   termini   (1   mese   se   la   sentenza   viene   notificata,   oppure   6   mesi da   quando   sono   state   emesse   dal   Tribunale).   Se   si   ritiene   che   sia   sbagliata   la   sentenza   della   Corte   di Appello,   si   può   chiedere   entro   stretti   termini   (60   gg.   se   notificata   o   6   mesi   se   non   notificata),   che   tale sentenza   sia   cassata   dalla   Corte   di   Cassazione.   Una   volta   che   la   Corte   di   Cassazione   ha   deciso,   oppure   una volta   che   sono   decorsi   i   termini   per   impugnare   senza   che   impugnazione   sia   stata   fatta,   tale   sentenza   passa in   giudicato   e   non   può   essere,   come   detto,   messa   in   discussione   nemmeno   se   è   evidentemente   erronea.   In questo   modo   i   cittadini   hanno   la   c.d.   certezza   del   diritto   e   possono -per   rimanere   nell’esempio-   comperare la soffitta avendo la certezza di conseguire certamente e definitivamente la proprietà della stessa.     Tale   soluzione   invece   è   del   tutto   inadatta   a   disciplinare   gli   eventi   in   continuo   divenire   della   vita   di una   famiglia.   I   figli   crescono   e   se   quando   erano   piccoli   si   dovevano   portare   solo   al   parco   e   nutrirli,   quando diventano   adolescenti   hanno   la   necessità   di   comperare   il   ciclomotore,   pagare   le   bollette   del   telefonino,   le discoteche,   i   pub,   le   tasse   universitarie   etc..   È   fisiologico   che   i   figli,   crescendo,   aumentino   le   proprie necessità.    Per    contro,    anche    i    genitori    in    genere,    col    passare    degli    anni,    fanno    carriera    e    pertanto conseguono   redditi   maggiori.   Se   nelle   procedure   speciali   di   separazione   e   di   divorzio    si   applicasse   la   regola delle    cause    ordinarie,    secondo    la    quale    le    sentenze    passate    in    giudicato    diventano    immodificabili, avremmo   degli   assegni   di   mantenimento   determinati   sulla   base   dei   redditi   che   l’obbligato   aveva   all’inizio della   carriera   anche   dopo   20   anni   quando   l’obbligato   ha   ad.   es.   raddoppiato   i   propri   redditi   e   i   suoi   figli hanno   raddoppiato   le   proprie   esigenze.   Tale   sentenza   sarebbe   del   tutto   inadeguata   a   disciplinare   una situazione di fatto completamente mutata. Per   questo   motivo   l’ordinamento   affida   la   disciplina   delle   procedure   di   separazione   e   di   divorzio   non alla   normativa   ordinaria   ma   ad   una   normativa   detta   speciale    che   prevede   che   sia   sempre   possibile   chiedere la   modifica   ad   es.   degli   assegni   e   un   numero   illimitato   di   volte   a   condizione   che   effettivamente,   in   un tempo   successivo   al   passaggio   in   giudicato   della   sentenza,   si   siano   verificate   delle   innovazioni   nelle condizioni personali e patrimoniali della famiglia che giustifichino una modificazione della sentenza. QUANDO É POSSIBILE CHIEDERE UNA MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI DIVORZIO DOPO CHE LA SENTENZA È PASSATA IN GIUDICATO?   In   qualunque   momento,   quindi   anche   un   minuto   dopo   l’emissione   dell’ultimo   provvedimento.   Non c’è   un   tempo   minimo   stabilito   dalla   legge   da   attendere   prima   di   chiedere   la   modifica   di   una   sentenza definitiva   di   divorzio.   Come   sopra   detto   però,   si   può   domandare   detta   modifica   solo   se   siano   mutati   i rapporti    personali    della    coppia    (ad    es.    se    un    genitore    trascura    o    maltratta    i    figli),    oppure    quelli patrimoniali    (es.    un    ex    coniuge    ha    fatto    carriera    e    guadagna    molto    più    del    momento    in    cui    venne determinato    l’attuale    assegno    divorzile    o    quelli    di    mantenimento    dei    figli),    con    le    esclusioni    sopra indicate. Una   modificazione   fisiologica   delle   condizioni   patrimoniali   della   coppia   che   consente   di   ottenere   la modificazione   degli   assegni   si   verifica   in   genere   quando   sia   passato   un   tempo   notevole   dopo   il   divorzio   e   i genitori,    come    in    genere    avviene,    hanno    fatto    carriera    aumentando    i    propri    redditi,    mentre    i    figli crescendo   hanno   visto   aumentare   le   proprie   esigenze.   (I   figli   finché   sono   piccoli   vanno   solo   nutriti   e portati   al   parco.   Quando   diventano   grandi   hanno   bisogno   di   comperare   il   ciclomotore,   di   pagare   il   pub,   la discoteca,    di    comperare    il    telefonino,    di    pagare    le    bollate    del    gestore    telefonico    per    parlare    con    la fidanzatina/il fidanzatino etc). Un   recente   sentenza   della   Suprema   Corte   la   n.   11504/17    ha   modificato   l’interpretazione   della   legge sulla   determinazione   della   misura   dell’assegno   divorzile.   In   alcuni   casi   è   pertanto   possibile   chiedere   di rivedere le condizioni di divorzio stabilite da una precedente sentenza. vedi amplius Qui. COME POSSO OTTENERE UNA MODIFICAZIONE DELLA SENTENZA DI DIVORZIO?   Vi sono 3 tipi di procedure: due   sono   procedibili   solo   se   sorge   preventivamente   l’accordo    degli   ex   coniugi   sul   fatto   di   modificare     le   condizioni   di   divorzio   e   sulla   nuova   disciplina   sostitutiva.   Una   prescinde   dall’accordo    degli   ex   coniugi   e prevede   che   la   modifica   della   corrente   disciplina   dei   rapporti   della   (ex)   coppia   possa   essere   disposta   dal giudice   (che   accerti   l’effettiva   mutazione   dello   stato   di   fatto   e   dei   rapporti   personali   e/o   patrimoniali   degli ex   coniugi   rispetto   al   momento   dell’emissione   dell’ultimo   provvedimento),   su   istanza   di   parte,   anche contro la volontà dell’altro coniuge. In particolare sono previste: 1 .                La   procedura   di   modifica   delle   condizioni   di   divorzio   a   domanda   congiunta ,   (art.   9   L.   898/70)   da   svolgersi   in   tribunale,   nella   quale   viene   proposta   dalla   coppia   di   ex   coniugi   un’ unica    domanda   (cioè   una   richiesta   al   tribunale   di   disporre   uno   specifico   provvedimento)   che   contiene   le   modifiche alla   precedente   sentenza,   richieste   congiuntamente    dalle   parti,   il   cui   contenuto   pertanto   è   stato precedentemente negoziato e sul quale è sorto un accordo . È possibile eseguire la procedura con l’assistenza di un solo avvocato per entrambi gli ex coniugi. questa procedura dura circa 4-8 mesi. Il     giudice     può     respingere     detta     domanda     congiunta     se     l’interesse     della     prole     non     è adeguatamente   curato   dalla   disciplina   in   essa   contenuta.   (Se   la   respinge   si   conserva   per   l’effetto   la validità   della   disciplina   dell’ultimo   provvedimento,   come   se   la   procedura   non   fosse   stata   nemmeno iniziata). (Nell’art.    9    L.    898/70    v’è    scritto    “su    istanza    di    parte”,     ma    detto    articolo    è    interpretato estensivamente consentendo alle parti di avanzare una domanda congiunta). ______________________ 2 .                La   procedura   di   modifica   delle   condizioni   di   divorzio   con   negoziazione   assistita ,   (L.   162/14)   che   si   svolge   senza   che   la   coppia   debba   mai   andare   in   tribunale ,   nella   quale   viene   proposta   un’ unica domanda,    contenente   le   modifiche   alla   precedente   sentenza   che   la   coppia   di   ex   coniugi   chiede   al tribunale,   per   il   solo   tramite   dei   propri   legali,   di   disporre   recependole   in   un   nuovo   provvedimento.   Il contenuto   della   (unica)   domanda   comune   per   i   due   coniugi   sul   quale   è   sorto   un   accordo ,   in   questo caso, è frutto di negoziazioni eseguite con l’assistenza dei difensori. È necessaria la presenza di (almeno) un avvocato per ciascun ex coniuge. questa procedura dura circa 2 mesi. Il     giudice     può     respingere     detta     domanda     congiunta     se     l’interesse     della     prole     non     è adeguatamente   curato   dalla   disciplina   in   essa   contenuta.   (Se   la   respinge   si   conserva   per   l’effetto   la validità   della   disciplina   dell’ultimo   provvedimento   essendo,   in   questo   caso,   considerata   tamquam non esse la procedura di modifica). ______________________ 3 .          La   procedura   contenziosa    di   modifica   delle   condizioni   di   divorzio ,    (art.    9    L.    898/70)     da svolgersi   in   tribunale,   che   viene   promossa   da   un   coniuge   contro   la   volontà   dell’altro,   in   assenza   di   un accordo . In   questa   procedura   giudiziale,   se   l’altro   coniuge   non   si   presenta   o   non   dà   mandato   ad   un avvocato,   la   procedura   prosegue   in   sua   assenza,   fino   all’emissione   di   una   sentenza   al   cui   rispetto entrambi    i    coniugi,    quindi    anche    il    coniuge    che    è    stato    assente    durante    la    procedura,    saranno      giuridicamente obbligati. In   essa   vengono   proposte   dagli   ex   coniugi   domande   differenti   ed   incompatibili   tra   loro.   (ad   es. un    coniuge    chiede    l’aumento    dell’assegno    divorzile    periodico    e    l’altro    di    non    concedere    detto aumento    o    di    diminuire    l’entità    dell’assegno).    Sarà    il    giudice    d’imperio    a    decidere,    al    posto    dei coniugi   che   non   si   sono   accordati,   se   modificare   l’ultima   sentenza   in   modo   conforme   alla   domanda   di un   coniuge,   a   quella   dell’altro,   ovvero   difformemente   da   entrambe,   scegliendo   ad   es.,   con   riferimento ad   una   domanda   di   modifica   dei   rapporti   patrimoniali,   di   modificare   l’entità   degli   assegni   in   una misura mediana rispetto a quelle richieste dai coniugi. Se    si    chiede    di    modificare    l’assegno    periodico    dell’ex    coniuge,    trattandosi    di    un    diritto disponibile,   soggetto   al   principio   della   domanda,    il   giudice   non   potrà   disporre   un   assegno   che   esuberi la   misura   domandata   dalle   parti.   Cioè   non   potrà   aumentare   l’assegno   più   di   quanto   richiesto   del coniuge   che   ne   invoca   una   maggiorazione   né   diminuirlo   più   di   quanto   richiesto   dal   coniuge   che   ne chiede una riduzione. Se   si   chiede   di   modificare   l’assegno   per   il   mantenimento   dei   figli,   trattandosi   di   un   diritto indisponibile,    non    soggetto    ai    limiti    della    domanda,    il    giudice    può    disporre    anche    un    assegno maggiore della misura massima domandata dalle parti.  È necessario il ministero di un avvocato per ciascun coniuge. questa   procedura   può   durare   anche   4-5   anni   per   il   fatto   della   lunga   fase   istruttoria   durante   la quale   il   giudice,   che   non   conosce   gli   ex   coniugi,   acquisisce   i   dati   che   gli   consentiranno   di   decidere   in modo ponderato. Il   giudice   può   respingere   entrambe   le   domande   di   modifica   delle   condizioni   di   divorzio   se   la disciplina   in   esse   contenuta,   con   riferimento   all’affido   della   prole   o   ai   tempi   di   permanenza   della stessa   presso   i   genitori,   è   inidonea   a   curare   adeguatamente   gli   interessi   dei   figli   o   se,   con   riferimento ad   una   domanda   di   modifica   degli   assegni,   non   rinviene   un’innovazione   dei   rapporti   patrimoniali degli ex coniugi rispetto a quelli indicati nell’ultimo provvedimento.
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