INDICE DEI CAPITOLI COS’È IL DIVORZIO CONTENZIOSO     -    LA FASE D’URGENZA     -    IL RECLAMO EX ARTICOLO N.708 C. P. C.      LA  SENTENZA PARZIALE SULLO STATUS     -     LA FASE ISTRUTTORIA     -     LA SENTENZA DEFINITIVA     -    MODIFICA DELLA SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO Il presente capitolo è focalizzato sulla procedura di divorzio contenzioso che è una procedura legale con cui un coniuge può ottenere lo status di divorziato contro la volontà dell’altro . Per avere maggiori informazioni di tipo generico sull’istituto del divorzio, sulle sue caratteristiche funzioni e peculiarità ti suggeriamo di leggere i capitoli precedenti che trovi  ---- COS’È IL DIVORZIO CONTENZIOSO? Il   divorzio   contenzioso ,   spesso   chiamato   impropriamente   “divorzio   giudiziale” ,   è   una   procedura   che consente    ad    un    coniuge,    contro    la    volontà    dell’altro,    di    sciogliere    il    vincolo    coniugale    sorto    con    il matrimonio. Poiché   divorziare   è   un   diritto   che   il   cittadino   può   esercitare   anche   contro   la   volontà   dell’altro   coniuge, in    tutti    i    casi    in    cui    un    coniuge    vuole    divorziare    ma    l’altro    non    vuole,    oppure    manca    l’accordo    sulla disciplina   dei   rapporti   della   coppia   successiva   al   divorzio,   (ad   es.   il   coniuge   meno   abbiente   vuole   un   assegno divorzile   maggiore   rispetto   a   quello   che   l’altro   vuole   dare   o   si   contendono   entrambi   l’affidamento   esclusivo della   prole),   quello   dei   coniugi   che   vuole   divorziare   può   utilizzare   questa   procedura   per   sciogliere   il   vincolo coniugale    e    ottenere    dal    giudice    d’imperio    una    sentenza    che    disponga,    oltre    allo    scioglimento    del matrimonio,   come   detto,   indipendentemente   dalla   volontà   dell’altro   coniuge,   la   disciplina   dei   rapporti   della coppia successiva al divorzio che è stato impossibile convenire con l’altro coniuge. QUANDO E’ POSSIBILE INTRODURRE UNA PROCEDURA DI  DIVORZIO CONTENZIOSO? In   tutti   i   casi   previsti   dagli   art.li   1,   3 -   L.898/70    e   fondamentalmente   per   le   coppie   separate   dal   almeno 6   mesi   consensualmente,   o   almeno   12   giudizialmente,   quando   il   giudice   accerta   che   la   comunione   spirituale e    materiale    tra    i    coniugi    non    può    essere    mantenuta    o    ricostituita,    raccogliendo    semplicemente    le dichiarazioni delle parti in tal senso. QUANTE PROCEDURE SONO PREVISTE PER OTTENERE IL DIVORZIO SE MANCA L’ACCORDO CON L’ALTRO CONIUGE? A   differenza   delle   procedure   consensuali   di   divorzio   che   sono   3,   è   prevista   solo   una   procedura   di divorzio   per   il   caso   in   cui   manchi   il   consenso   dell’altro   coniuge   sullo   scioglimento   del   vincolo   coniugale,   o manchi   l’accodo   su   una   specifica   disciplina   dei   rapporti   della   coppia   dopo   il   divorzio.   Tale   procedura   è chiamata divorzio contenzioso.   E’ NECESSARIO ANDARE IN TRIBUNALE PER ESEGUIRE LA PROCEDURA DI DIVORZIO CONTENZIOSO?  Si.   I   coniugi,   almeno   in   un   occasione,   quella   dell’udienza   presidenziale   (cioè   tenuta   dal   presidente   del tribunale che è un giudice) devono recarsi personalmente  in Tribunale. Se   non   si   presenta   il   ricorrente    (cioè   colui   che,   con   ricorso,   ha   iniziato   la   procedura   di   divorzio),   il giudizio   si   estingue,   cioè   cessa   immediatamente,   (salvo   che   l’altro   coniuge   convenuto   si   costituisca   in giudizio per il tramite di un avvocato depositando le proprie difese e chieda invece di proseguirlo). Se   invece   non   si   presenta   il   convenuto    (cioè   il   coniuge   chiamato   in   tribunale   da   chi   ha   chiesto   il divorzio),   il   giudizio   prosegue   senza   di   lui,   sia   che   egli   sia   “contumace”   (cioè   non   ha   incaricato   un   avvocato   e non   ha   assunto   la   qualità   di   parte   nel   giudizio),   sia   che   egli   sia   semplicemente   “assente”    (cioè   ha   incaricato un   avvocato,   ha   assunto   il   ruolo   di   parte   nel   giudizio,   ma   non   si   è   presentato   poi   all’udienza   fissata   dal giudice   in   tribunale)   (art.lo    4    punto    7    l.    898/70) .   Il   giudizio   si   conclude   con   una   sentenza   che   il   convenuto contumace o assente è obbligato a rispettare.  POSSO FARE IL DIVORZIO CONTENZIOSO DA SOLA SENZA (PAGARE) UN DIFENSORE?  No. In questa procedura è necessario farsi assistere da un avvocato.  (Art. 82 c.p.c.). IO E MIO MARITO POSSIAMO EFFETTUARE, PER RISPARMIARE, LA PROCEDURA DI DIVORZIO CONTENZIOSO CON UN SOLO AVVOCATO?    No.   In   questa   procedura   la   legge   prevede   che   ognuno   dei   coniugi   sia   difeso   da   un   proprio   (differente) avvocato. Ne serve cioè uno per il marito e uno per la moglie.  (Art. 82 c.p.c.). COME SI INIZIA LA PROCEDURA DI DIVORZIO CONTENZIOSO?  Essendo   obbligatoria   la   presenza   di   (almeno)   un   diverso   difensore   per   ciascuna   parte,   per   iniziare   la procedura   di   divorzio   contenzioso   è   necessario   che   uno   dei   due   coniugi   si   rechi   dal   proprio   avvocato   e conferisca a lui specifico mandato. L’avvocato   scriverà   una   lettera   all’altro   coniuge,   comunicandogli   il   fatto   che   il   proprio   assistito   intende divorziare.     Detta     comunicazione     del     difensore     conterrà     l’invito     a     mettersi     in     contatto     con     lui (personalmente   o   per   il   tramite   di   un   legale   di   sua   fiducia),   per   verificare   la   possibilità   di   addivenire   ad   un accordo   che   consenta   l’utilizzo   di   una   procedura   consensuale   di   divorzio.   La   lettera   conterrà   anche   l’avviso che,    in    difetto,    entro    un    termine    specificato,    si    procederà    ad    incardinare    la    procedura    di    divorzio contenzioso. Questa   lettera   non   è   prevista   dalla   legge   come   obbligatoria,   ma   è   richiesta   dal   codice   deontologico forense   che   stabilisce   che   gli   avvocati   sono   tenuti   a   risolvere   le   liti   nel   modo   più   rapido   ed   economico possibile. Pertanto   anche   l’avvocato   che   riceve   mandato   per   incardinare   un   giudizio   contenzioso   è   tenuto   a tentare   una   negoziazione   informale   con   l’altra   parte   per   verificare   se   è   possibile   far   sorgere   un   accordo   sul fatto   del   divorzio   e   sulla   disciplina   dei   rapporti   personali   e   patrimoniali   degli   ex   coniugi   dopo   il   divorzio, che consenta alla coppia di accedere alle più rapide ed economiche procedure consensuali di divorzio. (Tra   queste   le   più   economiche   sono   la   procedura   di   divorzio   in   comune    (limitata   all’ipotesi   che   la coppia   di   divorziandi   non   abbia   figli   minorenni   o   maggiorenni   ancora   non   economicamente   indipendenti) nella   quale   non   è   necessaria   la   presenza   di   un   difensore   e   quella   di   divorzio   a   domanda   congiunta ,   perché   in detta   procedura   di   natura   consensuale   un   solo   difensore   può   assistere   entrambi   i   coniugi.   Naturalmente,   se i   coniugi   preferiscono   possono   avere   ognuno   un   proprio   legale   anche   in   questa   procedura.   La   più   rapida   è invece quella di divorzio con negoziazione assistita ).    Se   non   è   possibile   trovare   un   accordo,   il   legale   incaricato   inizierà   il   giudizio   contenzioso   redigendo   un atto   detto   ricorso    e    depositandolo   in   tribunale.   Il   ricorso   contiene   la   descrizione   della   situazione   di   fatto della   coppia,   dei   motivi   della   decisione   di   divorziare,   la   ricostruzione   della   condizione   di   diritto   confortata da   prove   di   tipo   documentale   che   vengono   allegate   al   ricorso   e   l’indicazione   di   una   specifica   disciplina   dei rapporti   della   coppia   successivi   al   divorzio   (chi   paga,   cosa,   con   chi   stanno   i   figli,   quando)   etc.,   che   si   chiede al   giudice   di   rendere   obbligatoria   per   la   coppia   recependola   nella   sentenza.   La   disciplina   che   si   chiede   di recepire   nella   sentenza   è   detta   “domanda”    (in   quanto   è   ciò   che   si   domanda   al   giudice   di   disporre)   o   (in latino) “petitum”  con significato equivalente. Il   giudice,   a   cui   la   causa   è   attribuita,   fissa   con   decreto   la   data   di   un’udienza,   detta   prima   udienza   di comparizione   delle   parti    in   cui   i   coniugi   dovranno   comparire   dinnanzi   a   lui.   Quindi   ordina   all’avvocato   che ha   depositato   il   ricorso   di   notificare   (cioè   di   inviare   in   copia   tramite   l’Ufficiale   Giudiziario)   all’altro   coniuge, il ricorso e il detto decreto che contiene la data dell’udienza di comparizione delle parti. Questa   operazione   è   necessaria   perché   la   Carta   Costituzionale   stabilisce   che   non   è   possibile   emettere alcuna   sentenza   nei   confronti   di   un   cittadino   che   non   sia   stato   chiamato   in   giudizio   e   pertanto   non   abbia potuto in esso difendersi. Il    coniuge    che    ha    ricevuto    la    notifica    del    ricorso    e    del    decreto    di    fissazione    dell’udienza,    detto      “convenuto”   (cioè   chiamato   dall’altro   in   giudizio)   se   non   lo   ha   ancora   fatto,   dovrà   conferire   mandato   ad   un proprio   avvocato   perché   lo   difenda   nella   procedura   di   divorzio   contenzioso,   nella   quale,   come   detto,   occorre un diverso avvocato per ciascun coniuge. Egli   consegnerà   al   proprio   avvocato   il   ricorso   e   il   decreto   ricevuti   in   copia.   Il   legale   redigerà   un   atto   che si   chiama   comparsa   di   costituzione    e   lo   depositerà   in   tribunale   (nello   stesso   fascicolo   che   contiene   il ricorso). La   comparsa   di   costituzione   contiene   gli   stessi   elementi   del   ricorso,   cioè   la   rappresentazione   dei   fatti   e la   ricostruzione   della   situazione   di   diritto   della   coppia   di   divorziandi,   oltre   al   petitum.   Ovviamente   il contenuto sarà differente perché espressione del punto di vista dell’altro coniuge. COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE NON RISPONDE NEMMENO ALL’INVITO DEL MIO AVVOCATO A METTERSI IN CONTATTO CON LUI?       La   procedura   di   divorzio   contenzioso   è   disegnata   per   consentire   ad   un   coniuge   di   divorziare   contro   la volontà   dell’altro   e   quindi   per   poter   essere   eseguita   a   prescindere   da   qualunque   collaborazione   dell’altro coniuge.   Pertanto   se   il   coniuge   convenuto   non   risponde,   l’avvocato   redigerà   il   ricorso   come   descritto   nel paragrafo   precedente   e   inizierà   la   procedura   senza   eseguire   le   negoziazioni   volte   al   tentativo   di   incardinare una procedura consensuale di divorzio.  Anche   nel   divorzio,   come   nella   separazione,   è   prevista   una   fase   iniziale   detta   “fase   d’urgenza”   all’esito dalla   quale   il   giudice   emette   un   provvedimento   cogente   ma   provvisorio   sulla   base   della   c.d.   “cognizione sommaria”   cioè   dei   soli   dati   risultanti   dai   documenti   allegati   al   ricorso   e   alla   comparsa   di   costituzione.   Solo dopo    comincia    la    c.d.    “fase    istruttoria”    in    occasione    della    quale    verranno    acquisite    prove    ulteriori    che consentiranno al giudice di emettere una sentenza ponderata alla fine della procedura. Nel   divorzio   il   termine   “fase   d’urgenza”    appare   improprio   perché,   se   nella   separazione   giudiziale   la   fase d’urgenza   è   voluta   dalla   necessità   di   dividere   i   due   coniugi   che   litigano   nello   stesso   appartamento,   nel divorzio   i   coniugi   sono   già   separati   e   quindi   divisi   da   tempo   e   non   c’è   un’urgenza   oggettiva   di   emettere   un provvedimento   prima   dell’istruttoria.   Per   questo   motivo,   in   genere,   i   giudici,   salvo   il   caso   di   modificazioni importanti   dei   rapporti   della   coppia   intervenute   medio   tempore,   confermano   nell’ordinanza   provvisoria   la disciplina dei rapporti della coppia stabilita in occasione della separazione.  Il   giudice   nella   prima   udienza   di   comparizione   delle   parti   in   lite   detta   anche   “udienza   presidenziale”   perché   tenuta   dal   presidente   del   tribunale   o   da   un   suo   delegato,   leggerà   il   ricorso   di   un   coniuge   e   la comparsa   di   costituzione    dell’altro   e   deciderà   se   accogliere   il   petitum   di   una   parte,   quello   dell’altra   o   anche, difformemente   da   entrambe   le   domande,   di   disporre   una   disciplina   differente   dai   due   petitum,   che   ritiene essere   di   giustizia   e   che   i   coniugi   sono   obbligati   ad   osservare,   sotto   la   pena   delle   stesse   sanzioni    previste   nel caso di mancato rispetto della sentenza definitiva. Detta     disciplina     obbligatoria     è     contenuta     in     un     atto     redatto     dal     giudice     detto     “ordinanza presidenziale”    perché   emessa   dal   presidente   del   tribunale   (o   da   un   suo   delegato)   o   anche   “ordinanza     provvisoria”     perché    destinata    a    disciplinare    solo    provvisoriamente    i    rapporti    della    coppia    durante    il giudizio e ad essere sostituita dalla sentenza. L’emissione    dell’ordinanza    provvisoria    conclude    questa    prima    fase    che    si    chiama    fase    d’urgenza , similmente alla prima fase della procedura di separazione giudiziale . Dopo   la   fase   d’urgenza,   inizia   la   fase   istruttoria    durante   la   quale   verranno   acquisiti   i   dati   (ad   es.   se   è conteso   l’affidamento   della   prole   vengono   acquisite   prove   testimoniali   tese   a   dimostrare   chi   dei   due   coniugi è   meritevole   o   immeritevole   dell’affidamento;   se   è   contesa   la   misura   degli   assegni,   vengono   acquisite   prove che   dimostrano   che   il   coniuge   obbligato   alla   corresponsione   degli   assegni   guadagna   di   più   o   di   meno rispetto   alle   risultanze   della   fase   di   urgenza   etc.)   che   non   è   stato   possibile   acquisire   nella   fase   di   urgenza per   motivi   di   tempo.   Tali   dati   completi   ed   esaustivi   consentiranno   al   giudice   di   emettere   una   sentenza   finale, ponderata, che conclude il giudizio di divorzio contenzioso, sostituendosi all’ordinanza provvisoria. COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE NON SI PRESENTA IN TRIBUNALE? Come   detto,   questa   procedura   prescinde   dalla   necessità   di   qualunque   collaborazione   da   parte   dell’altro coniuge.   Pertanto   se   questi   non   conferisce   mandato   ad   un   legale,   il   giudizio   si   svolge   in   sua   contumacia.   In tale    ambito    il    giudice,    leggendo    solo    le    difese    della    parte    ricorrente    (il    coniuge    che    ha    cominciato    la procedura    con    ricorso)    giacché    la    parte    convenuta    in    questa    ipotesi    manca,    emetterà    sia    l’ordinanza presidenziale   sia   la   sentenza   che   conclude   il   giudizio   che   il   coniuge   contumace   (cioè   che   non   si   è   costituito in    giudizio    con    un    avvocato)    sarà    tenuto    a    rispettare    sotto    pena    di    severe    sanzioni .    (L’ordinanza presidenziale,    in    caso    di    mancato    rispetto    della    disciplina    in    essa    contenuta,    è    infatti    equiparata    alla sentenza nella normativa sanzionatoria). COSA CONTIENE L’ORDINANZA PRESIDENZIALE? L’ordinanza   presidenziale   contiene   una   disciplina   dettagliata   dei   rapporti   personali   e   patrimoniali della   coppia   che   i   coniugi   sono   obbligati   a   rispettare.   (Es.   se   devono   essere   pagati   assegni   e   di   quale   entità) dal   coniuge   più   abbiente   per   concorrere   al   mantenimento   della   famiglia,   a   chi   sono   affidati   i   figli,   il   tempo che passeranno con un genitore e con l’altro, a chi è assegnata la casa coniugale etc.).   I   diritti   dei   coniugi   sono   disponibili,   mentre   quelli   della   prole   sono   in disponibili.   Pertanto   il   giudice, con   riferimento   ai   coniugi ,   può   decidere   una   disciplina   differente   da   entrambe   le   domande   degli   stessi   ma entro   i   limiti   delle   loro   domande.   Ad   es.   se   un   coniuge   chiede   che   gli   sia   riconosciuto   un   assegno   divorzile pari   a   10   e   l’altro   chiede   di   essere   obbligato   a   versargli   5,   il   giudice   può   disporre   un   assegno   tra   5   e   10, quindi   non   solo   5   o   10   ma   anche   6,7,8   o   9,   dunque   differente   da   entrambi   i   petitum   (5   e   10),   ma   non   un assegno   pari   ad   11   o   4   che   esuberi   i   limiti   dei   petitum   delle   parti.   Con   riferimento   alla   prole    invece,   il giudice     decide     senza     alcun     limite,     sulla     sola     base     della     ricchezza     delle     parti     come     provata documentalmente. Ad   es.   se   un   coniuge   chiede   di   ricevere   un   assegno   di   mantenimento   per   i   figli   pari   a   10   e l’altro   offre   di   pagare   5   il   giudice   può   disporre   anche   un   assegno   pari   a   20   se   le   risorse   delle   parti   indicano quella   come   misura   di   giustizia   per   perequare   le   disponibilità   degli   ex   coniugi   e   consentire   il   mantenimento della prole in modo adeguato alle capacità economiche dei genitori.   COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE NON RISPETTA IL DECRETO PROVVISORIO EMESSO DAL TRIBUNALE? Essendo   il   decreto   provvisorio,   o   l’ordinanza   della   Corte   di   Appello   che   lo   riforma   (vedi   paragrafo successivo)   dei   titoli   esecutivi,   sono   esperibili   gli   stessi   rimedi    che   l’ordinamento   ha   previsto   per   ottenere   il rispetto della sentenza finale . SE L’ORDINANZA PROVVISORIA DISPONE UNA DISCIPLINA CHE CONSIDERO LESIVA DEI MIEI INTERESSI O DI QUELLI DELLA PROLE LO POSSO IMPUGNARE? Si,   in   Corte   di   Appello   è   possibile   impugnare   con   reclamo    l’ordinanza   provvisoria   entro   10   giorni   dalla notifica   della   stessa   che   una   parte   dovesse   fare   all’altra   o   entro   6   mesi   dall’emissione   della   detta   ordinanza se nessuna della parti ne esegue la notifica. Tale possibilità è stabilita dall’art. 4 della L. n. 54 del 2006. Detta   norma   rende   applicabile   anche   al   divorzio   l’articolo   708   c.p.c.   presente   nella   disciplina   della   separazione   che   prevede   la reclamabilità   in   Corte   di   Appello   dell’ordinanza   presidenziale.   L’art.   4   della   L.   n.   54   del   2006   recita:   “Le   disposizioni   della   presente   legge   (che      include   l’ art.lo   708   c.p.c.   ultimo   comma )    si   applicano   anche   in   caso   di   scioglimento,   di   cessazione   degli   effetti   civili    o   di   nullità   del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”. La   decisione   della   Corte   di   Appello   viene   emessa   anch’essa   con   ordinanza   e   si   sostituisce   a   quella   del presidente del tribunale. Poi il giudizio prosegue in tribunale . SE IMPUGNO L’ORDINANZA PRESIDENZIALE IN CORTE DI APPELLO, PER CONVINCERE I GIUDICI DELLE MIE RAGIONI, POSSO RAPPRESENTARE FATTI E PROVE NUOVE CHE HO DIMENTICATO DI ESPORRE AL GIUDICE DEL TRIBUNALE?    No,   perché   un   principio   generale   dell’ordinamento   italiano   è   la   facoltà   del   cittadino   di   chiedere   un riesame    dei    provvedimenti    emessi    dagli    organi    giurisdizionali    allo    scopo    di    metterlo    al    riparo    dalle conseguenze   di   un   errore   giudiziario.   Se   si   rappresentassero   fatti   nuovi   in   Corte   di   Appello   per   la   prima volta,   la   decisione   su   quei   nuovi   fatti   non   sarebbe   impugnabile   dalla   parte   che   la   considerasse   erronea   (non esiste   una   Corte   di   Appello   della   Corte   di   Appello,   la   Corte   di   Cassazione   infatti   non   riesamina   il   merito delle cause) e pertanto verrebbe leso il diritto del cittadino a chiedere un riesame dei provvedimenti emessi. Per   questo   motivo   non   è   ammessa   la   rappresentazione   di   fatti   nuovi   nei   giudizi   di   impugnazione   che possono   solo   riesaminare   e   correggere   gli   eventuali   errori   commessi   dai   giudici   di   primo   grado   ma   non possono   giudicare   e   statuire   per   la   prima   volta   su   materia   che   contiene   dati   inediti,   non   presenti   nel giudizio   di   primo   grado.   Pertanto   è   necessario   porre   molta   attenzione   nella   redazione   dell’atto   introduttivo e    nell’allegazione    delle    prove    contestuali    ad    esso    perché    se    nel    reclamo    in    Corte    di    Appello    si    potrà argomentare   ulteriormente   le   proprie   ragioni,   per   quanto   sopra,   non   potranno   essere   indicati   fatti   nuovi   o nuove prove. CONVIENE IMPUGNARE L’ORDINANZA PROVVISORIA OPPURE NO, PER RISPARMIARE, GIACCHE’ ESSENDO PROVVISORIA, VERRÀ COMUNQUE SOSTITUITO DALLA SENTENZA? Se   vi   sono   errori   gravi   conviene   impugnarlo   subito   in   Corte   di   Appello   perché   è   vero   che   tale   decisione è     comunque     destinata     ad     essere     sostituita     dalla     sentenza     emessa     alla     fine     della     causa     all’esito dell’istruttoria,   ma   l’’istruttoria   potrebbe   durare   anche   anni   durante   i   quali   i   coniugi   sarebbero   tenuti   a rispettare   tale   ordinanza   subendo   le   conseguenze   pregiudizievoli   di   eventuali   errori   che   non   venissero corretti immediatamente dalla Corte di Appello. QUANDO MI POSSO RISPOSARE? Gli   ex   coniugi   non   possono   risposarsi   se   non   conseguono   lo   status   di   divorziati.   (Se   si   risposassero senza    aver    conseguito    lo    status    di    divorziati    commetterebbero    il    reato    di    bigamia    giacché    durante    la separazione sono ancora coniugati). Poiché   l’istruttoria   della   procedura   di   divorzio,   che   comincia   dopo   la   fase   di   urgenza   e   si   conclude   con la    sentenza    definitiva,    può    durare    anche    anni,    se    lo    status    di    divorziati    fosse    disposto    nella    sentenza definitiva,   la   coppia   che   volesse   risposarsi   dovrebbe   attendere   l’emissione   di   tale   sentenza   per   un   tempo molto lungo. Per   evitare   questo   inconveniente   il   legislatore   ha   stabilito   che   il   tribunale   emetta   durante   la   causa   e non   alla   fine   di   essa,   quindi   mesi   o   anni   prima   della   sentenza   definitiva   che   conclude   la   procedura,   una sentenza    c.d.    “parziale    sullo    status” ,    o    “non    definitiva    sullo    status”     che    dispone    il    solo    fatto    dello scioglimento del vincolo coniugale e null’altro, consentendo ai coniugi che lo volessero di risposarsi. COS’È LA SENTENZA PARZIALE SULLO STATUS? La   sentenza   detta   sentenza   parziale   sullo   status”   o   (più   impropriamente)   sentenza   non   definitiva sullo   status”   è   una   sentenza   emessa   in   corso   di   causa   che   stabilisce   solo   che   gli   ex   coniugi   sono   divorziati (art.lo 4 punto 12 L 898770) . La   sentenza   è   detta   “parziale”   perché   non   definisce   l’intero   contenzioso   ma   solo   il   fatto   del   divorzio:   lo status    di   divorziati   della   coppia,   oppure   è   detta   anche   non   definitiva”    perché   ad   essa   seguirà   la   sentenza finale, definitiva, che regola la restante materia oggetto del contendere. Il   motivo   per   cui   il   tribunale   è   in   grado   di   emettere   detta   sentenza   parziale   sullo   status   prima   della conclusione    dell’istruttoria    è    nel    fatto    che    non    deve    ascoltare    testimoni    o    fare    perizie.    In    assenza    di contestazioni,   se   nessuno   dei   coniugi   sostiene   che   vi   sia   stata   riconciliazione    medio   tempore,   al   tribunale   è sufficiente   verificare   che   la   coppia   si   è   separata   da   6   mesi   consensualmente   o   da   un   anno   giudizialmente per   poter   sentenziare   (solo)   lo   status   di   divorziati   degli   ex   coniugi.   Questa   verifica   il   Tribunale   la   esegue semplicemente   esaminando   la   copia   autentica   del   provvedimento   che   definisce   la   separazione   che   contiene la   data   in   cui   è   stato   emesso.   Detta   copia   autentica   deve   essere   depositata   e   inserita   nel   fascicolo   della causa,   a   pena   di   improcedibilità,   al   momento   della   proposizione   della   domanda   di   divorzio   ed   è   pertanto nella immediata disponibilità del giudice fin dall’inizio della causa. La   causa,   come   detto,   dopo   l’emissione   della   sentenza   parziale   sullo   status,   prosegue   con   l’esecuzione dell’istruttoria   per   la   determinazione   ponderata   della   disciplina   dei   rapporti   degli   ex   coniugi   (stabilire   la misura   degli   assegni   se   dovuti,   l’assegnazione   della   casa   coniugale,   le   condizioni   di   affido   della   prole   se presente etc.) che verrà disposta con la sentenza finale che conclude il giudizio. QUANDO VIENE EMESSA LA SENTENZA PARZIALE SULLO STATUS DI DIVORZIATO/A?    La   legge   sul   divorzio   prevede   che   il   tribunale,   alla   conclusione   della   fase   d’urgenza,   emetta   la   sentenza parziale sullo status . La fase di urgenza si conclude con l’udienza presidenziale. L’udienza   presidenziale   deve   essere   fissata   entro   90   giorni   dal   deposito   del   ricorso   (art.lo   n.   4   punto   5   L. 898/70)    cioè   dell’atto   introduttivo   della   procedura.   Pertanto,   in   teoria,   la   sentenza   parziale   sullo   status   si potrebbe    ottenere,    unitamente    all’ordinanza    provvisoria,    all’incirca    entro    la    settimana    successiva    allo scadere   di   tale   termine   o   anche   prima   se   l’udienza   presidenziale   viene   fissata   in   un   tempo   anteriore   al limite   dei   90   giorni   dalla   proposizione   della   domanda   di   divorzio   stabilito   dalla   legge.   Tuttavia   attualmente i   tribunali   fissano   l’udienza   presidenziale   anche   a   distanza   di   5-8   mesi   dal   deposito   del   ricorso,   pertanto anche il tempo dell’emissione della sentenza parziale sullo status risente di tale ritardo. DOPO LA FASE DI URGENZA, CONCLUSA CON L’EMISSIONE DELL’ORDINANZA PRESIDENZIALE, COSA SUCCEDE? Dopo   la   fase   di   urgenza   inizia   la   fase   istruttoria    durante   la   quale   vengono   acquisiti   i   dati   (le   prove   dei fatti   rappresentati   dalle   parti   nei   loro   atti   e   posti   a   fondamento   del   petitum )    che   consentiranno   al   giudice   di emettere    una    sentenza    ponderata.    In    questa    fase    è    possibile    ad    esempio    chiedere    di    acquisire    prove testimoniali   per   dimostrare   che   uno   dei   coniugi   trascura   i   figli   ed   è   immeritevole   dell’affidamento,   o   una perizia   del   CTU   (Consulente   Tecnico   di   Ufficio)   per   verificare   le   condizioni   psicologiche   dei   coniugi   per determinare   le   condizioni   di   affido   della   prole.   E’   possibile   chiedere   indagini   della   Polizia   Tributaria   a   carico di   un   coniuge   imprenditore   per   verificare   gli   effettivi   redditi   allo   scopo   di   determinare   la   misura   degli assegni di mantenimento, etc..   COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE RIMASTO CONTUMACE SI COSTITUISCE IN TRIBUNALE DURANTE LA FASE ISTRUTTORIA? Il   coniuge   che   sia   stato   contumace   all’inizio   della   procedura   può   costituirsi   in   qualunque   momento successivo,   ma   non   può   produrre   gli   atti   difensivi   per   i   quali,   nel   momento   in   cui   si   costituisce,   sono   già scaduti   i   termini   stabiliti   dal   giudice   per   il   deposito.   Ad   es.   se   ha   un   documento   che   prova   una   circostanza
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